Il silenzio
Pan Doth, da quelle visite nel paesetto, accumulava un bene che era ormai raro nella vita di tutti i giorni: il silenzio. Emettevano suoni il forno, l’auto, il computer perché ogni cosa funziona a controllo vocale. Pan Doth, si siede sul divano dell’appartamento in montagna e ascolta il crepitare dei legni nella stufa; l’appartamento stava in un condominio non abitato da residenti, quindi bastava andare in periodi fuori dalle ferie comandate, e il silenzio diventava avvolgente. Per mantenere la magia Pan Doth cambia canzone dalla radio e, addirittura, usa solo le interfacce grafiche per usare il computer. Per questo motivo, quando realizzava i lavori, usava ancora pennelli, matite e inchiostri. Pigramente scorge sullo schermo del telefono l’icona di un messaggio da sua moglie e si decide a chiamarla. Come al solito durante il giorno, se perdeva l’attimo, sua moglie non poteva più rispondere, presa dalle continue telefonate e riunioni, quindi Pan Doth con un certo sollievo le lasciò un messaggio vocale con un saluto. “Sono in riunione, ci sentiamo più tardi”, è il messaggio di risposta di cui aveva ormai una collezione. Poteva tornare ai suoi pensieri e al suono discreto della stufa. Guarda dal tablet le foto dei lavori rilegati visti nell’archivio con l’informatrice, e tamburella a ritmo della musica sul divano: nel silenzio della stanza, si sorprende a sentire la sua voce chiamarle ‘bolle silenziose’ . Sospesa tra l’ambiente e la sua testa, Pan Doth rimane colpito da quella insolita definizione. Bolle silenziose. Da quando era andato a scuola, da quando aveva memoria lui e pure i suoi genitori, aveva conosciuto due tipi di supporto alle informazioni: le bolle e i lavori. Le prime non erano altro che delle sfere senza peso, che stavano in una scatola cubica, con un lavoro sulla copertina che ne rappresentava il contenuto; i lavori non erano altro che dei disegni, delle foto o delle figure astratte o stilizzate che descrivevano un concetto, un luogo, una cosa o una persona. Se le bolle con la loro voce automatica erano informative, una volta estratte dalle scatole, i lavori erano silenziosi e descrittivi. Quando Pan Doth studiava era un continuo vociare automatico di bolle che trasmettevano le teorie o i racconti di qualche informatore. I dati contenuti in una bolla, molto spesso erano la fatica di qualche server che aveva scovato delle bolle antiche o gli era stato tramandato da qualche server più vecchio. I dati erano una merce molto pregiata, perché erano pochi gli informatori che sapevano filtrare la conoscenza grezza dalle bolle o - molto più raramente - dai lavori. Pan Doth, un po’ per suo stile, un po’ per gli scambi con suo fratello server, era in grado di mettere dei dati nei lavori che faceva. Poi, proprio per la scarsità di informatori competenti, questa peculiarità nei lavori di Pan Doth, raramente veniva colta. Eppure in tempi antichi, probabilmente c’era stato qualche informatore che aveva anche altre competenze, dal momento che sapeva tradurre i segni che aveva visto nell’archivio e che lo fissavano dalle foto nel suo tablet. Qualcuno di quegli informatori magari aveva lasciato qualche bolla, in un periodo di passaggio da quel supporto antico a quello attuale.